Salmo dei gradini di Davide
Prosegue la pubblicazione dei commenti ai quindici salmi dei gradini
Di Bruno Di Porto
ֹשִיר הַמַּעֲלוֹת לְדָוִד
לוּלֵי יְהוָֹה שֶהָיָה לָנוּ יֹאמַר נָא יִשְֹרָאֵל
לוּלֵא יְהוָֹה שֶהָיָה לָנוּ בְּקוּם עָלֵינוּ אָדָם
אֲזַי חַיִים בְּלָעוּנוּ בַּחֲרוֹת אַפָּם בָּנוּ
אֲזַי הַמַּיִם שְטָפוּנוּ נַחְלָה עָבַר עַל נַפְֹשֵנוּ
אֲזַי עבַר עַל נַפְֹשֵנוּ הַמַּיִם הַזֵידוֹנִים
בָּרוּךְ יְהוָֹה שֶלּאֹ נְתָנָנוּ טֶרֶף לְֹשִנֵּיהֶם
נַפְֹשֵנוּ כְּצִפּוֹר נִמְלְטָה מִפַח יוֹקְֹשִים
הַפַּח נִֹשְבָּר וַאֲנַחְנוּ נִמְלָטְנוּ
עֶזְרֵנוּ בְֹּשֵם יְהוָֹה עֹשֵֹה שָמַיֹם וָאָרֶץ
TRASLITTERAZIONE E TRADUZIONE
SHIR HAMMAALOT LE DAVID
Salmo dei gradini di David
LULE ADONAI SHE HAIA’ LANU, YOMAR NA ISRAEL
Se il signore non fosse stato con noi, dica, di grazia, Israele
“NA”è invece inteso e tradotto da Ibn Ezra (XI-XII secolo) con l’avverbio di valore temporale “ORA”: Lo dica, ora, Israele.
LULE ADONAI SHE HAIAH LANU BE QUM ALENU ADAM
Se Dio non fosse stato con noi quando l’uomo ci venne contro
AZAI CHAIM BELAUNU, BA CHAROT APPAM BANU
Allora vivi ci avrebbero inghiottiti, in divampante furor contro di noi
AZAI HAMMAIM SHETAFUNU, NACHALA’ AVAR AL NAFSHENU
Allora le acque ci avrebbero travolti, il torrente fluiva sulle anime nostre
AZAI AVAR AL NAFSHENU, HAMMAIM HA ZIDONIM
Allora sulle nostre anime dilagavano le acque impetuose
BARUKH ADONAI SHE LO NETANANU TEREF LE SHINEHEM
Benedetto il Signore che non ci ha dato in preda ai loro denti
NAFSHENU KE ZIPPOR NIMLETA’ MIPPACH YOQESHIM HAPPACH NISHBAR VAANACHNU NIMLATNU
L’anima nostra è come l’uccello sfuggito al laccio dei cacciatori,
Il laccio si è spezzato e noi siamo scampati
EZRENU BE SHEM ADONAI OSÈ SHAMAIM VA AREZ
Il nostro aiuto è nel nome del Signore
Creatore dei cieli e della terra
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Dante Lattes ha considerato questo salmo paradigmatico della drammatica e ricorrente vicenda di Israele: «Il poeta non cita nessun nemico particolare, ma lo chiama Adam, l’uomo, gli uomini, tutta la società umana, l’uomo cattivo contrapposto a Dio buono, l’uomo desideroso di eliminare dal mondo gli Ebrei, di inghiottire in un boccone questo popolo singolare, diverso dagli altri per un suo ideale, per un suo costume di vita, per suo Dio unico, immateriale e universale […] Il miracolo non è casuale, è conseguenza dell’aiuto di Dio che regge le cose del mondo e soccorre i deboli e i perseguitati. Israele non può sperare di vincere l’uomo, cioè tutta l’umanità che ha insidiato in ogni terra la sua vita, se non coll’aiuto di Dio. Questa è la premessa, la conclusione, la tesi del salmo limpido e semplice intorno ad un punto fermo, la immutabile provvidenza di Dio. Voler determinare, come fanno i commentatori e gli esegeti, l’epoca, l’occasione e l’autore di questo canto, ci pare fatica sprecata e sforzo inutile. Esso può essere stato scritto al tempo dei Giudici, al tempo dei Re, al tempo dei Babilonesi, al tempo di Neemia o dei Samaritani o dei Persiani o degli Asmodei o di Alessandro o in qualunque altra epoca». – Conviene rammentare, dai salmi precedenti e dal commento dello stesso Lattes, che anche all’interno del popolo fedele a Dio e alle prese con nemici, si avvertiva la sgradevole presenza di violenti, egoisti, superbi; al contrario, in orgoglio e in positivo, dalla Bibbia emergono le capacità di condottieri e sovrani, da Mosè a Giosuè, da Davide a Salomone e ai Maccabei.
Il citato studio di Giampaolo Anderlini (I QUINDICI GRADINI. UN COMMENTO AI SALMI 120 – 124, con prefazione di Paolo De Benedetti, Firenze, Giuntina, 2012) esamina le differenti interpretazioni di Adam, il primo uomo, biblico progenitore dell’umanità, come riferito a più uomini, finanche a intere nazioni, secondo il dotto Radaq (David Kimchi) oppure ad un singolo uomo, particolarmente ostile a Israele, come, per esempio nello Zohar, il nuovo faraone che non aveva conosciuto Yosef. Il riferimento alla servitù in Egitto può trovare complementare motivo nelle acque impetuose che ci avrebbero sommersi, come riferito al passaggio del Mar rosso, dopo l’uscita dall’Egitto e l’inseguimento di una truppa egiziana (Esodo, capitolo 14, parashà Beshallach). In seguito di epoche, i commentatori medievali, tra cui David Kimchi, di Narbona (1160 – 1235) hanno potuto intendere il riferimento anche alle persecuzioni subìte dal popolo ebraico nel lungo esilio dalla sua terra. Al tempo di Radaq vi erano state espulsioni, conversioni forzate, massacri compiuti dai crociati, drammi che invero non inducevano a render grazie per intervento salvifico del Signore, ma la speranza, la tenacia e la fede non vennero meno e i salmi, parte del Tanach, contribuivano ad alimentarle. Radaq compose un commentario alla Bibbia, una grammatica ebraica, un dizionario della lingua ebraica: opere di cui si valsero anche esperti cristiani, tanto più a seguito di traduzioni in latino. Ne parla Cecil Roth nella Histoire du Peuple Juif.
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Prossima tappa sarà, in ordine numerico, il salmo 125, che comincia comparando i fiduciosi nel Signore alla possanza del monte Sion, che non vacilla e dura in eterno.
Un caro saluto,
Bruno Di Porto
Commento al Salmo 125