Ebrei in Ucraina
di Giorgio Gomel
Nella storia dell’ebraismo europeo e delle sue manifestazioni intellettuali l’Ucraina ha rivestito nel tempo una posizione preminente. Odessa evoca Isaac Babel, Leone Ginzburg, Vladimir Jabotinskij, Leon Pinsker. Czernowitz (oggi Cernivci in ucraino, allora sotto la sovranità rumena) Paul Celan e Aharon Appelfeld. Molti altri potremmo elencare.
Anche il demone dell’antiebraismo ha vissuto un’esistenza imperitura. Ne furono vittime gli ebrei assassinati dalle bande di cosacchi guidate da Cheml’nitsky nella prima metà del ‘600 con il sostegno degli zar russi e nei pogrom scatenati sul finire dell’800 dopo l’assassinio dello zar Alessandro ; nelle violenze antiebraiche nel pieno della guerra civile del 1919-20 fino allo sterminio di massa organizzato dalle armate naziste con l’invasione del 1941 con il sostegno di collaborazionisti ucraini guidati da Stepan Bandera che massacrarono ebrei in Ucraina e Polonia.
Odessa, negli anni ’30 del Novecento abitata da quasi 200.000 ebrei – una città con un’impronta culturalmente ebraica alla stregua di Vienna, Berlino o Vilnius -, ne registra oggi un numero esiguo.
Assurge a simbolo dell’eccidio la vicenda di Babij Jar dove nel settembre 1941 i nazisti massacrarono oltre 30.000 ebrei nello spazio di due giorni e dove per molti anni del regime sovietico postbellico non vi fu una lapide commemorativa, come ci ricordarono il poeta Evtushenko e il compositore Schostakovic. Anche ad Odessa nell’ottobre vi fu un eccidio di massa di analoghe dimensioni, una barbarie compiuta dalle armate naziste e rumene alleate.
Vivono in Ucraina poco più di 40.000 ebrei secondo le statistiche dell’Institute for Jewish policy research di Londra, circa 1 per mille della popolazione complessiva del paese. Lo stesso Presidente Zelensky eletto nel 2019 e il primo ministro Groysman in carica fra il 2016 e il 2019 sono di famiglia ebraica. La loro concezione ed azione politica sono segnate dal tentativo di conciliare il patriottismo antirusso con l’opposizione ai nazionalisti ucraini che tuttora celebrano le gesta immonde dei collaborazionisti filonazisti nella Seconda guerra mondiale e nel genocidio. Circa 250.000 ebrei ucraini sono emigrati in Israele con la dissoluzione dell’URSS negli anni ’90 del Novecento; altri 30.000 circa con il conflitto esploso nel Donbass nel 2014.
In questi giorni altri ebrei ucraini così come israeliani residenti in Ucraina cercano di lasciare il paese aggredito dalla Russia. L’Agenzia ebraica ha allestito punti di transito in località sui confini ucraini con la Polonia, la Moldavia, la Romania e l’Ungheria.
Il governo d’Israele è apparso nel periodo precedente l’aggressione russa piuttosto silente, ambivalente, mosso da calcoli di convenienza, in parte perché preoccupato dello stato delle comunità ebraiche sia in Ucraina che in Russia, ma soprattutto nell’intento di preservare la sua libertà d’azione in Siria dove la Russia detiene basi e forze militari a difesa del regime di Assad e dove Israele e Russia hanno quindi un comune interesse a non pregiudicare relazioni strategiche di sicurezza reciproca. Con lo scoppio delle ostilità il governo però ha cambiato registro difendendo il principio dell’integrità territoriale e della sovranità degli stati (vedi Ucraina). Il sistema di alleanze del paese, in primis con gli Stati Uniti e l’Occidente, ha prevalso sulle altre considerazioni.
Giorgio Gomel