Pubblichiamo la traduzione dell’articolo di Judy Maltz, Jewish Leaders Warn: Changes in Israel’s Religious Status Quo Could ‘Unravel Ties Between Us’, del 2 gennaio 2023 sul quotidiano israeliano Haaretz
I capi delle principali organizzazioni chiedono un incontro urgente con Netanyahu sulle modifiche previste alla Legge del Ritorno e alla normativa in materia di conversione
In una lettera insolita e dai toni forti, i capi delle principali organizzazioni ebraiche mondiali hanno avvertito il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, che qualsiasi cambiamento unilaterale nella politica riguardante le conversioni all’ebraismo e la Legge del Ritorno, che regola l’ammissibilità alla cittadinanza in Israele, “rischia di disfare i legami che ci uniscono e di tenerci lontani l’uno dall’altro”.
La lettera, inviata domenica, è firmata dai leader dell’Agenzia Ebraica, delle Federazioni Ebraiche del Nordamerica, del Keren Hayesod (l’organismo dello Stato di Israele che si occupa della raccolta fondi all’estero) e dell’Organizzazione Sionista Mondiale.
“Sentiamo il dovere di condividere con voi la nostra profonda preoccupazione per le voci che si levano in seno al governo su questioni che potrebbero minare lo status quo di lunga data sugli affari religiosi che potrebbero riguardare la Diaspora”, si legge nella lettera.
Nella lettera i firmatari chiedono un incontro urgente con il primo ministro Netanyahu per esprimere le loro preoccupazioni. Scrivono infatti: “Ci aspettiamo di esser chiamati a partecipare a qualsiasi futura discussione o dialogo riguardante possibili cambiamenti dello status quo”.
Gli accordi di coalizione firmati la scorsa settimana tra il partito al governo, il Likud, e i partiti religiosi che ne fanno parte stabiliscono che la Legge del Ritorno sarà emendata per “prevenire l’assimilazione”: un riferimento al fatto che i non-ebrei sposati con ebrei o discendenti di ebrei hanno il diritto di fare aliyah e ottenere la cittadinanza , e al conseguente timore che possano sposarsi con ebrei israeliani. Ora, in Israele gli accordi di coalizione non sono legalmente vincolanti: sono piuttosto una dichiarazione di intenti. Inoltre, i recenti accordi non specificano in che modo la legge sarà modificata: dicono però che sarà costituito un comitato speciale composto da rappresentanti di tutti i partiti della coalizione, il quale avrà 60 giorni di tempo per redigere le modifiche.
Preoccupati dal fatto che troppi immigrati in Israele non soddisfano la definizione halakhica di ebreo, cioè non sono nati da madri ebree, i partiti religiosi chiedono da tempo che sia cancellata dalla Legge del Ritorno la “clausola del nipote”, che permette a chiunque abbia almeno un nonno ebreo di immigrare in Israele e ottenere la cittadinanza sul posto. Se tale modifica venisse introdotta, perderebbero il diritto a fare aliyah circa tre milioni di persone in tutto il mondo, circa due terzi delle quali sono attualmente residenti nel Nordamerica.
Gli accordi di coalizione prevedono anche che il governo presenti un provvedimento di legge che conferirà al Gran Rabbinato il controllo esclusivo sulle conversioni effettuate in Israele. Secondo l’accordo, solo le conversioni ortodosse approvate dal sistema controllato dal Rabbinato saranno riconosciute dallo Stato ai fini della cittadinanza.
Nel marzo 2021 l’Alta Corte di Giustizia ha emanato una sentenza storica che riconosce ai fini della cittadinanza le conversioni non ortodosse effettuate in Israele. In una causa del 2016 l’Alta Corte ha stabilito, nonostante l’accesa opposizione del Rabbinato, che ai sensi della Legge del Ritorno hanno diritto alla cittadinanza israeliana anche i residenti temporanei convertiti da tribunali rabbinici ultraortodossi privati.
Sulla base di questi precedenti, mesi fa il Tribunale distrettuale di Gerusalemme ha stabilito che sono idonei anche i residenti temporanei convertiti attraverso il programma Giyur Kehalacha gestito da ortodossi moderni. La nuova legge annullerà queste decisioni dei tribunali, ponendo fine al riconoscimento di tutte le conversioni non effettuate attraverso il sistema controllato dal Rabbinato. Le conversioni effettuate fuori da Israele, invece, continueranno a essere riconosciute ai fini della Legge del Ritorno. Ciò significa che gli ebrei convertiti per scelta da rabbini reform e conservative all’estero continueranno ad avere diritto all’aliyah e alla cittadinanza.
Nella lettera, i capi delle organizzazioni ebraiche si congratulano con Netanyahu per la formazione del suo sesto governo e dichiarano: “Siamo certi che insieme potremo trovare soluzioni rispettose, inclusive e costruttive a tutte le sfide in corso, senza danneggiare il delicato tessuto che tiene insieme un popolo unito”.
La lettera è redatta sulla carta intestata dell’Agenzia Ebraica, a indicare che si tratta di un’iniziativa dell’organizzazione para-governativa incaricata di fare da ponte tra il governo israeliano e le comunità ebraiche all’estero. La missiva reca le firme di Mark Wilf, presidente del Consiglio dei governatori dell’Agenzia Ebraica; Doron Almog, presidente dell’esecutivo dell’Agenzia Ebraica appena insediato; Steven Lowy, presidente del consiglio di amministrazione mondiale del Keren Hayesod; Sam Grundwerg, presidente mondiale del Keren Hayesod; Eric Fingerhut, presidente e amministratore delegato della Federazione Ebraica del Nordamerica; Julie Platt, presidente della Federazione Ebraica del Nordamerica; e Yaakov Hagoel, presidente dell’Organizzazione Sionista Mondiale. La firma di quest’ultimo è particolarmente degna di nota: si tratta infatti di un membro attivo del partito di Netanyahu il quale ha ricoperto il ruolo di capo del Likud mondiale. Ebreo ortodosso e grande sostenitore del movimento di colonizzazione, Hagoel non è solito allinearsi con le voci progressiste del mondo ebraico.
Traduzione di Marina Astrologo